Alcuni giorni fa, la rivista Panorama ha pubblicato un articolo dai contenuti piuttosto discutibili per non dire tendenziosi a proposito della vertenza che ha recentemente visto impegnati i rappresentanti dell’autotrasporto. In particolare, l’autore del pezzo in questione si è lanciato in alcune insinuazioni assolutamente false e molto spiacevoli all’indirizzo del sottoscritto. Viste le inesattezze marchiane che sono state riportate, ho ritenuto opportuno avanzare una richiesta di rettifica che la redazione del periodico ha gentilmente concesso. Tuttavia, come si dice, la toppa è stata peggio del buco e tale circostanza mi costringe, mio malgrado, a tornare sull’argomento.
Prassi vorrebbe che alla mia richiesta di replica alle imprecisioni contenute nell’articolo facesse seguito una verifica più puntuale dei fatti. Purtroppo però non è stato così; anzi, quel redattore, nel pubblicare le mie precisazioni, ha voluto prendersi l’ultima parola, aggiungendo però ulteriori falsità a quelle già sostenute. Forse una telefonata (una pubblicità diceva che poteva salvare una vita, in questo caso avrebbe evitato senz’altro un’ulteriore brutta figura al giornalista) sarebbe stata utile a fare chiarezza. Non intendo dare adito ad una querelle della quale non mi importa granché. Mi sento tuttavia in dovere di puntualizzare nuovamente per dare elementi di valutazione più fondati a quanti legittimamente si aspettano una replica alle accuse infamanti che mi sono state rivolte.
Nella rettifica che è stata pubblicata, il giornalista, dopo aver riportato il mio curriculum – da questo elemento risulta quale sia la sua vera intenzione – insiste nel voler asserire affermazioni inattendibili. La prima è che a distanza di sei ore avrei sottoscritto due protocolli simili. Non è così! Il primo e unico Protocollo firmato dalle associazioni è del 17 marzo e, come più volte ribadito nei nostri comunicati, il giorno 15 marzo non è stata sottoscritta alcuna intesa col Ministero.
Il giornalista avrebbe potuto chiedere lumi al riguardo al primo firmatario del Protocollo, Maurizio Longo. È piuttosto a lui, e non a noi, che può essere imputato un comportamento ondivago visto che, poche ore dopo averla sottoscritta con grande entusiasmo, si è affrettato a disconoscere l’intesa giudicandola carente. L’autore dell’articolo afferma inoltre che il Protocollo sarebbe stato contestato dalle stesse imprese aderenti alle sigle firmatarie. Forse egli non ha dimestichezza con le procedure che utilizziamo per assumere decisioni nella Fai. Il potere di ratificare o deliberare è appannaggio del Consiglio nazionale, non dei dirigenti. È proprio per questa ragione che nel testo dell’accordo è stato scritto a chiare lettere che “le Associazioni sottopongono ai propri organi interni il Protocollo per la ratifica”. Ebbene il Consiglio della FAI, dopo un dibattito franco e trasparente, ha approvato senza riserve. Visto che la curiosità del giornalista si estende anche al parere che Unatras ha espresso sui contenuti del Protocollo, confermo che anche in questo organismo l’intesa è stata approvata senza eccezioni. Chi sostiene altro forse raccoglie voci di soggetti poco informati o solo desiderosi di gettare discredito sul lavoro altrui.
Una seconda affermazione totalmente mendace è quella relativa ai presunti benefici che avrei ottenuto grazie alla sottoscrizione del Protocollo, ossia la nomina al Consiglio del CNEL e il presunto compenso che deriverebbe da tale incarico. Ricordo innanzitutto che in quell’organismo rappresento la Confcommercio e non il trasporto e che la mia nomina non ha niente a che fare con le vicende legate alla vertenza. Per quanto riguarda poi le fantomatiche prebende di cui godrei grazie alla mia posizione nel CNEL, segnalo che il Presidente e i Consiglieri non percepiscono più né compensi né rimborsi dal 2014. Il giornalista afferma di aver attinto i dati relativi al mio compenso sul sito del CNEL, peccato però che tali informazioni si riferissero ad una consiliatura di 8 anni fa. Che ciò sia sfuggito all’autore dell’articolo è senz’altro possibile, ma sarebbe una leggerezza difficile da giustificare, visto che all’interno della stessa pagina del sito del CNEL a cui egli fa riferimento è riportato in alto e a caratteri cubitali che “ai sensi della legge 23 dicembre 2014, n. 190, il Presidente e i Consiglieri del CNEL non percepiscono né indennità né compensi di alcun genere per la carica che ricoprono, norma che ne ha previsto l’eliminazione”.
Non intendo mettere in dubbio la buona fede del giornalista ma ribadisco che se avesse avuto la cortesia di sentire prima l’interessato, invece di metterlo alla berlina, avrebbe evitato di fornire una notizia scorretta o di apparire intenzionato a colpire il sottoscritto.
Spiace dover dare conto di questa pagina di giornalismo non edificante, ma lo devo a chi che mi ha chiesto di esporre la mia versione dei fatti al fine di fornire elementi da poter opporre a coloro che, basandosi su ricostruzioni false e capziose che paventano baratti del tutto inesistenti, alimentano dubbi sulla mia correttezza e serietà.