NOR13286 – Codice della strada. Giurisprudenza.

FIS13285 – Imposta di registro. Applicabilità dei tributi speciali alle annotazioni di avvenuta registrazione. Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 60 del 26 settembre 2013.
2 Ottobre 2013
NOR13287 – Codice della strada. Rinnovo di validità della patente di guida. D.M. 9 Agosto 2013.
3 Ottobre 2013

Roma, 2 Ottobre 2013

NOR13286
SM

Oggetto: Codice della strada. Giurisprudenza.

Cassazione, sezione VI civile, ordinanza n. 10853 dell’8 Maggio 2013.

La Corte di Cassazione ha ravvisato la violazione dell’art. 82 del c.d.s, che punisce la destinazione o l’uso del veicolo in maniera difforme dalla carta di circolazione, quando sull’autocarro viaggino soggetti estranei al servizio di trasporto, anche se questi ultimi siano componenti dell’impresa familiare di cui fa parte anche il conducente alla guida.

In concreto, partendo dalla definizione di autocarro contenuta all’art. 54, lett d del c.d.s (“gli autocarri sono veicoli destinati al trasporto di cose e delle persone addette all’uso o al trasporto delle cose stesse”), la Suprema Corte ha affermato che le circostanze che il passeggero sia legato al conducente da un rapporto di parentela e che appartenga alla stessa impresa familiare, di per se stesse, non giustificano il trasporto sullo stesso veicolo; occorre invece dimostrare (agli agenti di polizia e, eventualmente, in giudizio) che la presenza a bordo di un altro soggetto sia dovuta allo svolgimento di operazioni accessorie al trasporto (ad es, delle attività di carico e scarico della merce). Infatti, se così non fosse – prosegue la Corte -, da ciò “discenderebbe la possibilità del libero utilizzo di un autocarro a fini diversi da quelli del trasporto merci, soltanto grazie all’artificio di intestarne la proprietà a più soggetti, in numero anche elevato”.

Cassazione, sez V. penale, sentenza n. 23495 del 3 Giugno 2013.

Commette il reato di violenza privata punito ai sensi dell’art. 610 del codice penale con la reclusione fino a 4 anni, colui che arresti la marcia del veicolo della persona offesa, ponendosi di fronte ad esso ed impedendogli il cammino. Il principio è stato affermato dalla V sez. penale della Corte di Cassazione, la quale ha sostenuto che integra gli estremi del delitto “la minaccia, ancorché non esplicita, che si concreti in un qualsiasi comportamento o atteggiamento idoneo ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di un danno ingiusto al fine di ottenere che, mediante la detta intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare o ad omettere qualcosa”.

Questa sentenza fa nascere il dubbio se l’attività di picchettaggio, svolta in occasione di uno sciopero, integri sempre gli estremi del reato di violenza privata. Il diritto di sciopero può senz’altro costituire una “scriminante” del reato, quindi un’eccezione, ma a certe condizioni. In particolare, è opinione dominante in dottrina ed in giurisprudenza che l’attività di picchettaggio è legittima solo quando si limiti ad una vivace opera di propaganda e persuasione verso gli incerti ed i dissenzienti (picchettaggio pacifico); al contrario, nel caso in cui i picchetti tendono a coartare la libertà di lavorare o non lavorare con minacce, intimidazioni o violenze, rileva il delitto di violenza privata prima visto.

Cassazione, sez.IV penale, sentenza 22.7.2013 n. 31286.

Lo stato di ebbrezza del conducente può essere accertato con qualsiasi mezzo, e quindi anche su base sintomatica, indipendentemente dall’accertamento strumentale. Pertanto, se le condizioni psicofisiche del soggetto sono tali da impedirgli di svolgere i test successivi alla prova dell’etilometro (non riuscendo, ad esempio, a soffiare a sufficienza nel boccaglio dell’apparecchio) e, allo stesso tempo, egli manifesti  in maniera evidente uno stato di ebbrezza grave (stato confusionale, frasi sconnesse, equilibrio precario, alito con sentore di alcol), è possibile contestare nei suoi confronti anche le ipotesi più gravi di ubriachezza previste alle lettere b oppure c, art. 186 del c.d.s, nelle quali si configura un reato. Di conseguenza, l’impossibilità di svolgere accertamenti ulteriori non obbliga gli agenti accertatori a contestare l’ipotesi più lieve della guida in stato di ebbrezza (ovvero quella con tasso alcolemico superiore a 0,5 e fino a 0,8 grammi per litro) che, com’è noto, non costituisce reato.

Cordiali saluti.

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NOR13286