Roma, 25 Gennaio 2013
LAV13025
SM
Oggetto: Procedura obbligatoria di conciliazione per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.
E’ stata pubblicata la circolare del Ministero del Lavoro n. 3/2012, avente ad oggetto la procedura obbligatoria di conciliazione per i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo introdotta dall’art. 1, comma 40, della L. n. 92/2012. In particolare, il Ministero fornisce chiarimenti operativi in ordine al campo di applicazione della normativa, alle motivazioni del licenziamento, alle modalità per l’apertura e lo svolgimento della procedura, nonché agli esiti del tentativo di conciliazione.
Campo di applicazione
Con riferimento ai soggetti nei confronti dei quali trova applicazione il nuovo art. 7 della L. n. 604/1996, la circolare precisa che sono tenuti al rispetto della norma tutti i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo occupino alle proprie dipendenze più di 15 unità o più di 5 se imprenditori agricoli. La disposizione trova applicazione anche nei confronti del datore, imprenditore o non imprenditore, che nello stesso ambito comunale occupi più di 15 lavoratori, pur se ciascuna unità produttiva non raggiunga tali limiti e, in ogni caso, a chi occupa più di 60 dipendenti su scala nazionale.
La circolare chiarisce che il calcolo del numero dei lavori occupati deve essere effettuato non già dal momento in cui avviene il licenziamento, ma avendo quale parametro di riferimento la c.d. “normale occupazione” nel periodo antecedente (ultimi 6 mesi), senza tener conto di temporanee contrazioni di personale.
La circolare richiama, altresì, la non computabilità di alcune tipologie contrattuali per effetto di specifiche disposizioni legislative, ovvero gli apprendisti, gli assunti con contratto di inserimento, gli assunti con contratto di reinserimento ex art. 20, L. 223/1991, gli assunti già impiegati in lavori socialmente utili o di pubblica utilità ex art. 7, comma 7, del D.lgs. 81/2000 e i lavoratori somministrati che non rientrano nell’organico dell’utilizzatore. Vanno invece ricompresi i lavoratori delle società cooperative di produzione e lavoro che hanno sottoscritto un contratto di lavoro subordinato, i lavoratori a domicilio, i lavoratori sportivi professionisti.
Ai fini del calcolo, i lavoratori a tempo parziale indeterminato sono calcolati “pro quota” in relazione all’orario pieno contrattuale, mentre non si computano il coniuge ed i parenti entro il secondo grado, sia in linea diretta che collaterale. Il computo parziale nell’organico riguarda anche gli intermittenti e i lavoratori in lavoro ripartito (Job sharing).
Motivazioni del licenziamento
Quanto alle motivazioni del licenziamento, il Ministero chiarisce che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni inerenti l’attività produttiva, è una scelta riservata alla sola valutazione del datore di lavoro e, quindi, non è sindacabile dal giudice quanto ai profili della sua congruità ed opportunità.
Alle ragioni inerenti l’attività produttiva, prosegue la circolare, vanno aggiunte altre ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo che includono, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, l’inidoneità fisica, la impossibilità di adibire il dipendente ad altre mansioni, anche professionalmente non equivalenti a quelle contrattuali o ad altra unità produttiva anche all’interno del gruppo d’imprese, il licenziamento del lavoratore a tempo indeterminato per chiusura di un cantiere nell’edilizia, i provvedimenti di natura amministrativa che incidono sul rapporto (es. ritiro della patente di guida o ritiro del porto d’armi per la guardia giurata), le misure detentive. E’ stato poi definitivamente chiarito che non rientra nelle ipotesi di giustificato motivo oggettivo, il licenziamento avvenuto per il superamento del periodo di comporto ai sensi dell’art. 2110 c.c.
Viene ricordato, inoltre, che la procedura obbligatoria di conciliazione è necessaria quando il datore intenda effettuare più licenziamenti individuali nell’arco temporale di 120 giorni, anche per i medesimi motivi, senza raggiungere la soglia dei 5 (art. 24, L. 223/1990).
Modalità per l’apertura e lo svolgimento della procedura di conciliazione
Con riferimento agli adempimenti per l’apertura della procedura, il datore di lavoro che intenda procedere ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo è obbligato ad inviare, tramite raccomandata con avviso di ricevimento o tramite posta certificata, una comunicazione scritta alla Direzione del lavoro competente per ambito territoriale (in base al luogo di svolgimento dell’attività del dipendente). Tale comunicazione deve essere trasmessa per conoscenza anche al lavoratore al domicilio indicato nel contratto, oppure a mano. Quanto al contenuto della comunicazione, la circolare chiarisce che la stessa deve far riferimento all’intenzione di procedere ad un licenziamento per motivo oggettivo e deve indicarne, in modo preciso e puntuale, le motivazioni, le eventuali misure di assistenza finalizzate ad una ricollocazione e, laddove esistente, l’indirizzo di posta elettronica certificata.
Una volta ricevuta la comunicazione, la procedura si intende avviata e la Direzione del lavoro procede alla convocazione delle parti avanti alla commissione provinciale di conciliazione entro 7 giorni dalla ricezione dell’istanza. La circolare evidenzia la necessità che le parti siano convocate entro termini ravvicinati, poiché “Fissare la convocazione delle parti, pur rispettando il termine perentorio di 7 giorni dalla richiesta, ma entro un limite temporale che va oltre i 20 giorni dalla convocazione, significa vanificare la procedura conciliativa”. La circolare ricorda che le parti possono essere assistite dalle organizzazioni di rappresentanza cui siano iscritte o abbiano conferito mandato, da un componente dell’RSA/RSU, da un avvocato o da un consulente del lavoro iscritti al relativo albo. Viene evidenziata poi l’opportunità che, nonostante le parti abbiano la facoltà di delegare un soggetto terzo, i soggetti interessati siano tutti presenti e, in particolar modo, il lavoratore, posto che nel corso della discussione possano emergere soluzioni alternative al licenziamento.
La procedura di conciliazione si conclude entro 20 giorni dal momento in cui la Direzione territoriale del lavoro ha trasmesso la convocazione per l’incontro. Al riguardo, la circolare ricorda che il termine di 20 giorni può essere superato, anche su richiesta della commissione, se le parti lo reputano necessario per il raggiungimento di un accordo. Viene evidenziato anche che la procedura di conciliazione possa essere sospesa temporaneamente in presenza di un legittimo e documentato impedimento del lavoratore (anche autocertificabile) a presenziare alla riunione fissata per il tentativo di conciliazione, per un massimo di 15 giorni.
Esiti del tentativo di conciliazione
Quanto alle conseguenze legate ad un fallimento del tentativo di conciliazione, il Ministero chiarisce che ciò può avvenire sia perché le parti non hanno trovato un accordo, sia perché si è verificata l’assenza o l’abbandono di una di essa; in tali casi, il datore di lavoro può procedere al licenziamento del lavoratore interessato. In alternativa, se per una qualsiasi ragione non è stata effettuata la convocazione per il tentativo di conciliazione, trascorsi 7 giorni dalla ricezione della propria richiesta di incontro, il datore può procedere con proprio atto di recesso unilaterale.
Il licenziamento adottato al termine della procedura conciliativa ha effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento è stato avviato, ossia dal giorno di ricezione, da parte dell’Ufficio, della comunicazione datoriale relativa al “preavviso di licenziamento”, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva. La circolare sottolinea, inoltre, che gli effetti del licenziamento rimangono sospesi in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro e che il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato, con corrispondente riduzione della relativa indennità in ragione della retribuzione corrisposta nello stesso periodo. Ai fini delle comunicazioni obbligatorie, viene ribadito quanto indicato nella lettera circolare del 12 ottobre 2012.
Il tentativo di conciliazione, prosegue la circolare, può concludersi positivamente e le soluzioni possono essere anche alternative alla risoluzione del rapporto. Se invece si arriva ad una risoluzione consensuale del rapporto, la circolare ricorda che è riconosciuto al lavoratore il diritto al godimento dell’ASPI e che non sarà necessario procedere alla convalida della stessa.
Infine, la circolare chiarisce che in sede di accordo si possa addivenire anche alla composizione di altre questioni economiche afferenti il rapporto di lavoro (es. differenze retributive, ore di lavoro straordinario, TFR) purché ci sia la piena consapevolezza del lavoratore circa la definitività della questione e la sua conseguente inoppugnabilità.
Il testo della nota ministeriale è disponibile al link sotto indicato.
Cordiali saluti.
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